I costi dell’accoglienza? Salvini la risposta è dentro di te; e però è sbagliata!
Il populismo è come una tavola da surf: regge bene finché sei sulla cresta dell’onda ma, poi, inevitabilmente quell’onda ti travolge rivelando tutta la fragilità di quel ricercato equilibrio.
Nemmeno un giorno da ministro e già ci ritroviamo il buon Salvini che in tema di accoglienza sbaglia subito i conti.
“Una bella sforbiciata a quei 5 miliardi di euro per mantenere gli immigrati“, ha annunciato.
Però, analizzando le sue dichiarazioni, ci si accorge subito che qualcosa non torna: tagliare la spesa sull’accoglienza non ha alcun effetto se lo strumento che si vorrebbe utilizzare è “il rimpatrio degli irregolari”.
Gli irregolari (o clandestini, come a lui piace tanto) non rientrano infatti nei capitoli di spesa dell’accoglienza per il semplice fatto che non sono inseriti nei “circuiti” dell’accoglienza.
Dunque il “rimpatrio”, per dove poi lo sa solo lui dal momento che non viene dichiarata la nazionalità di provenienza nella maggior parte dei casi, sarebbe un aggravio economico aggiuntivo e comunque fuori dai capitoli di spesa per l’accoglienza.
Una media di 4700 euro a “clandestino” che moltiplicati per una stima di circa 500.000 persone fa 2 miliardi e 350 mila euro.
Ai suoi decantati 5 miliardi di euro spesi per l’accoglienza si sommerebbero quindi altri 2,3 mld; ma c’è ancora un errore:
l’accoglienza non costa 5 miliardi di euro ma solo 3,4 miliardi circa.
I 5 miliardi a cui si riferisce sono, al netto dei contributi europei, ripartiti al 68% nell’accoglienza, al 19% per le operazioni di soccorso in mare e al 13% per l’assistenza sanitaria.
Allora non resta molto altro da dire se non che:
1) la matematica non è un opinione, meno che mai populista;
2) sarebbe bene conoscere il vero stato delle cose prima di esprimersi;
3) l’aver raggiunto un ruolo istituzionale a colpi di populismo richiede, necessariamente, un cambio d’abito per ricoprire tale ruolo.
Ci sarebbe anche un punto 4; ma capire che sono altre le politiche da adottare in tema di accoglienza, seria, mi rendo conto sia un’impresa davvero ardua.
D’altronde da uno che confonde “pacchia” con “disperazione” pensando che la seconda sia “sinonimo” della prima anziché “contrario”, cosa dovrei aspettarmi?