Lavoro, giovani: la consapevolezza di Mattarella. E la sua, caro Poletti?
Nel discorso di fine anno del Presidente Sergio Mattarella ho particolarmente apprezzato l’attenzione posta al problema lavoro nel nostro Paese e, ancor di più, la consapevolezza con cui, rivolgendosi ai giovani, ha rimarcato la necessità di porre come scelta libera e non obbligata, non di sola necessità, la decisione di sviluppare all’estero la propria carriera lavorativa.
so bene che la vostra dignità è legata anche al lavoro; e so bene che oggi nel nostro Paese, se per gli adulti il lavoro è insufficiente, sovente precario, talvolta sottopagato, lo è ancor più per voi.
Dignità: un diritto inalienabile per chiunque, che trova la sua massima espressione proprio nel momento in cui ogni persona si realizza per le proprie capacità potendole mettere a disposizione di un mercato che sia capace di captarle e, anche in modo concorrenziale, farle proprie. E’ il mercato del lavoro. Si costituisce di due elementi fondamentali come per qualunque mercato: domanda e offerta.
la vostra è la generazione più istruita rispetto a quelle che vi hanno preceduto; avete conoscenze e potenzialità molto grandi; deve esservi assicurata la possibilità di essere protagonisti della vita sociale.
Essere protagonisti della vita sociale: non vittime, quindi, di un mercato del lavoro, quello italiano, che riesce solo ad accumulare domanda restando immobile, assente di offerta. La vita sociale si sviluppa di pari passo con l’integrazione del lavoro, garantendosi continuità e ricambio generazionale. Se le opportunità di lavoro si riducono si riduce la progressione sociale del Paese che, a questo punto, ha un cancro che lo consuma e neppure troppo lentamente.
se si è costretti a lasciare l’Italia per mancanza di occasioni, si è di fronte ad una patologia cui bisogna porre rimedio.
La consapevolezza del Presidente Mattarella è chiara, così come è chiaro il monito che essa esprime. Non siamo in grado di fornire un’adeguata offerta ai giovani. Non siamo capaci di cogliere le loro potenzialità, le loro capacità e di utilizzarle come risorsa di sviluppo del nostro Paese. Siamo inermi consapevolmente, anche davanti al fatto che gli altri Paesi sono invece in grado di farlo, riconoscendo nei nostri giovani qualità come talento, creatività, capacità, e fornendo loro tutti gli strumenti utili per svilupparle.
Ma il prezzo di tutto questo è troppo alto. L’essere orgogliosi dei nostri giovani non può non passare dall’essere in grado, prima di tutto, di riconoscergli la loro dignità di Italiani, di valorizzarli come “risorsa primaria” per lo sviluppo del nostro Paese e per la loro affermazione sociale.
quando non si può riportare nel nostro Paese l’esperienza maturata all’estero, viene impoverita l’intera Società.
E vengono impoveriti i giovani, aggiungo, del senso di appartenenza al proprio Paese, dell’orgoglio di esserne rappresentati e rappresentanti, non ultimo di esserne protagonisti.
Lavorare in altri Paesi deve essere una scelta libera.
i giovani che decidono di farlo meritano, sempre, rispetto e sostegno.
La consapevolezza del Presidente riflette la consapevolezza di tutti i cittadini: lavoro, dignità, rispetto.
Il lavoro manca, la dignità non è garantita e per il rispetto abbiamo un docente d’eccezione: il Ministro Poletti.
Resosi protagonista di un bieco spettacolo in cui ha denigrato i tanti giovani costretti a ricercare all’estero quella stessa dignità che l’Italia non è in grado di assicurargli. Colpevolizzati e tacciati.
Se 100mila giovani se ne sono andati non è che qui sono rimasti 60 milioni di ‘pistola’. Ci sono persone andate via e che è bene che stiano dove sono perché questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi.
Lo stesso Poletti che promuoveva, nel 2015, il suo progetto “alternanza scuola-lavoro“:
nulla impedisce loro di lavorare durante le vacanze scolastiche gratuitamente, anche d’estate se è una scelta volontaria. Bisogna incominciare a far capire ai giovani cosa sia il lavoro e cosa sia un’impresa.
Sempre lo stesso Poletti che ancora, nel 2015, elargiva ai giovani questo prezioso consiglio:
Prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21. Così un giovane dimostra che in tre anni ha bruciato tutto e voleva arrivare.
Manuel, suo figlio, ha bruciato talmente tanto che, a 42 anni, è direttore di un giornale e si è sacrificato rinunciando a completare il suo percorso di laurea. Ma è riuscito ad arrivare dove voleva.
Tutto questo è Poletti; il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti. (anche quello del Jobs Act, ricordo).
Un enorme e ingiustificabile errore, quello del Premier Gentiloni, di minimizzare ancora una volta gli epiteti di Poletti nei confronti dei nostri giovani; che non ci sono scuse sufficienti per liquidare in modo riduttivo affermazioni come quelle pronunciate dal Ministro del Lavoro, rappresentante dello Stato.
Non si può difendere l’indifendibile e non si può riconoscere un così grave comportamento accettando di farsene carico del peso nella prosecuzione di governo. Perché non sono le spalle di Gentiloni a farsi carico del peso ma è Gentiloni che carica questo peso sull’Italia, rendendola ancora una volta protagonista della sottrazione di rispetto e dignità ai giovani.
E lei, caro Ministro Poletti, dopo aver udito la ferma consapevolezza del Presidente Mattarella, dopo averne percepito il monito, ha compreso il significato del messaggio? Riesce, consapevolmente e in coscienza, a comprendere quanto male ha procurato fino ad ora? Riesce, almeno questo, a farsi pieno carico della responsabilità di aver offeso suoi concittadini; di non aver attuato alcuna politica costruttiva per un mercato del lavoro competitivo, inclusivo, garante, premiante, valorizzante? Di avere unicamente sviluppato condizioni di precarietà e disagio occupazionale (si chiama Jobs Act)?
Insomma, Ministro, qual è la sua consapevolezza? E quale potrebbe essere l’unico atto, davvero responsabile, in risposta?
Dignità, suggerisco, non si dimentichi la dignità, la sua, almeno.