Lavoro in Liguria? “Chiuso”
E’ un’escalation continua quella che affligge il lavoro a Genova e in Liguria; una scure che miete vittime giorno, dopo giorno, dopo giorno.
Non c’è né da ridere né da scherzare su questo argomento ma permettetemi di fare un sorriso ironico nel momento in cui ricordo la famosa sparata di Bucci durante la campagna elettorale: 30.000 posti di lavoro in più, a Genova.
Sapeva già di bufala allora (erano numeri improponibili, a prescindere dalle intenzioni) e oggi è un boccone amaro, troppo amaro all’evidenza dei fatti.
Senza contare tutte le piccole attività che via via sono andate scomparendo negli ultimi anni, solo citarne alcune fra le storiche e magari più conosciute, o marchi più rilevanti, è sufficiente a far accapponare la pelle.
Rinascente, Camisasca, Agnelli, Berti, Ascoli, Moody, Pasticceria Svizzera, sono solo alcuni fra i noti. Oggi si aggiunge anche Olmeda, che dopo aver già lasciato la Fiumara, si accinge a lasciare anche l’Aquilone in un mix di insostenibilità fra affitti esorbitanti (su cui nessuno ha la volontà politica di intervenire), crisi post Ponte Morandi e concorrenza “on line” e internazionale (export cinese).
E così altre 12 persone a breve andranno a spasso.
Ma l’emorragia incontrollata riguarda centinaia di piccole e medie imprese; un tessuto vitale che sta rapidamente morendo.
In una città, Genova, e in una regione che è il fanalino di coda dell’occupazione europea: dal 2016 al 2018 sono andati persi 13.000 posti di lavoro.
E nella sola provincia di Genova le assunzioni sono state 1902 in meno, solo nel 2018.
Ci diranno che siamo una popolazione prevalentemente anziana e che questo incide molto. Non è vero, non è certo questa la causa scatenante dell’effetto. Può esserne una, ma di certo non la dominante.
La verità sta tutta in una incapacità politica di intervenire seriamente e drasticamente per fermare questo declino. Da “tavoli di concertazione” che se si svolgono si trasformano in tavoli di sottomissione, oppure saltano direttamente, a mancanza di investimenti seri e mirati.
Ve lo dico sinceramente. Io non guardo per aria, non mi faccio incantare da fuochi di artificio o altri spettacoli organizzati per distrarre le masse; non mi lascio abbagliare da luci natalizie o esibizioni “panem et circenses“.
Io tengo lo sguardo in basso, su un continuo ripetersi di “Chiuso” affissi alle serrande, di “cessata attività”, di “delocalizzazioni”, che si accomunano in un unico tragico scivolo: quello occupazionale. Non quello di Costa.
Svegliatevi!