L’ultimo disastro di Toninelli, la Gronda
Con le valige in mano e gli scatoloni già praticamente chiusi, ieri sera poco dopo le 20, Toninelli lancia la sua stoccata finale con la pubblicazione dell’analisi costi-benefici sulla Gronda di Genova, bocciandola.
Sarebbe il solito copione al quale ormai il buon Toninelli ci ha da tempo abituati, se non fosse che, a questo giro, la sparata sembra avere più un sapore di rancore e pregiudizio viste le tempistiche con cui, in maniera inaspettata e improvvisa, ha colto tutti di sorpresa.
Forse anche lui se ne accorto, dal momento che già questa mattina ha voluto precisare che la Gronda si farà ma a modo suo; quale sia non è dato saperlo anche se, in realtà, qualche traccia la si può trovare nell’analisi stessa pubblicata ieri sera.
Peccato che l’analisi pare essere completamente sbagliata in quanto si baserebbe non sul progetto esecutivo di Aspi ma su una versione antecedente e comunque superata.
Sbaglia i calcoli, in quanto i costi dell’opera dichiarati dal Mit in 4,7 miliardi sono, in realtà, 4,3 in base al progetto esecutivo.
E sbaglia i tempi perché, comunque, Mit e Aspi hanno già firmato un contratto sulla base del quale Aspi e Regione Liguria hanno avviato gli espropri, arrivando oggi a completarne oltre il 90% del totale, e Aspi ha già bandito gare per oltre 700 milioni di euro.
Sbaglia le modalità, non avendo minimamente concertato nulla con Aspi in un’auspicabile quanto necessario contraddittorio che, in questi casi, è doveroso (oltre che serio).
Sbaglia le conclusioni, perché va ad auspicare un confronto con i livelli istituzionali territoriali che in realtà c’è già stato da tempo e che è addirittura andato oltre, dal momento che tutte le parti hanno coinvolto la cittadinanza in più dibattiti raccogliendone moltissimi suggerimenti che hanno contribuito alla stesura del progetto esecutivo finale.
E come se non bastassero gli enormi errori commessi nella stesura, l’analisi costi-benefici di Toninelli sbaraglia ulteriormente nell’economicità dell’opera che, di fatto, risulterebbe comunque economicamente vantaggiosa secondo le stime dell’analisi stessa.
E allora, viene da chiedersi, perché mai uscirsene con una “bocciatura” se non con l’atroce dubbio che tutto sia frutto solo di un maldestro tentativo di mantenere l’attenzione su di sé unicamente per uno scopo politico o, peggio ancora, per mostrare rabbia o rancori, magari anche a seguito dell’ultima scottatura ricevuta da Conte sulla questione Tav.
Forse Toninelli non sa che di Gronda, a Genova, se ne parla da 30 anni.
E forse Toninelli non ha nemmeno capito le disastrose conseguenze di questa sua analisi costi benefici se davvero fosse tenuta in considerazione.
E tenerla in considerazione significherebbe cancellare la voce “benefici” perché, l’affossamento dell’opera, graverebbe solo sui “costi” in termini di penali e risarcimenti a carico delle finanze pubbliche.
Tenerla in considerazione, anche solo in parte, significherebbe ritardare di altri 10 anni, inutilmente.
Tenerla in considerazione significherebbe anche un collasso occupazionale che toccherebbe 10.000 posti di lavoro, senza considerare le quote dell’indotto.
Ecco l’ultimo disastro di Toninelli.