Poletti, voucher, Jobs Act e la retromarcia della paura.
Una riforma, il Jobs Act, che ha avuto effetti devastanti nel mondo del lavoro del nostro Paese.
Tre milioni di disoccupati confermati anche nel terzo trimestre del 2016 in cui si evidenzia un tasso di disoccupazione giovanile in aumento e un ritorno al “boom del precariato”, alla faccia delle “tutele crescenti”.
L’articolo 18 cancellato: tutti liberi di essere licenziati
I voucher, lo strumento pilota di una falsa occupazione, l’inganno in nome dello sfruttamento senza garanzie.
La riforma più deleteria mai concepita andrebbe sottoposta ad un totale stravolgimento (per non dire cancellazione), in modo serio e con l’ammissione di colpa che sarebbe l’unico vero atto di responsabilità. Ma anche un atto politico “dovuto”, nel segno di una “discontinuità” in relazione alle scelte sbagliate e all’evidenza dei dati, tragici.
E invece no. Siamo di nuovo alla “politicizzazione”, questa volta giocata d’anticipo.
“Corriamo ai ripari perché se andiamo al referendum, questa volta, non c’è più Renzi che si dimette (da solo). Finisce che toccherà a noi.”
Deve essere questo il pensiero che ha pervaso Poletti & Co davanti al “Monopoli” di Natale. Una partita dove i soldi (falsi) sono sostituiti dai voucher (veri) che ora sono troppi, così, all’improvviso. Non ci permettono di giocare un’altra partita.
Si corre disperatamente ai ripari perché un altro referendum sarebbe troppo devastante; mica per riconoscere che la vera devastazione è il Jobs Act.