Quel “vizietto” di Iren (e non solo) di esternalizzare tutto
In questi giorni, proprio a Genova, il Gruppo Iren ha riportato in auge, a distanza di un anno, l’intenzione di voler esternalizzare il servizio gas.
La scelta è davvero discutibile, non solo in tema di professionalità garantite ma anche in termini di sicurezza. Il gruppo, infatti, vorrebbe appaltare in esterno servizi fondamentali come il pronto intervento notturno che si occupa delle emergenze gas, sopprimendo in toto la presenza delle proprie squadre ad esso dedicate.
Oltre a questo sarebbe prevista anche la soppressione delle squadre che, al sabato e alla domenica, hanno il compito di effettuare manutenzione e prove di regolare funzionamento sulle cosiddette “cabine di arrivo metano”, ovvero i punti di prelievo dalla rete nazionale per la distribuzione su tutta la rete gas destinata alla cittadinanza.
Servizi nevralgici dunque, non certo di secondaria importanza, che necessitano di alte professionalità, conoscenza ma anche confidenza, della materia in questione proprio per mantenere ai massimi livelli possibili la sicurezza di una rete fondamentale quanto volubile per ciò che trasporta.
E non a caso queste intenzioni non convincono per nulla anche i Vigili del Fuoco, abituati da sempre ad intervenire in simbiosi con il personale Iren (Ireti) proprio sulle emergenze gas o in tutte quelle situazioni emergenziali in cui sia necessario un “pronto intervento gas” qualificato e preparato.
Le ragioni di queste scelte sono sempre le stesse: preservare i propri titoli azionari di Borsa; poco importa se questo trascende la sicurezza e la professionalità.
Sul caso specifico è indubbio che occorra nuovamente una chiara opposizione politica per impedire al Gruppo Iren questo smantellamento illogico, sia in funzione al mantenere le corrette garanzie di sicurezza ed efficienza ma anche con uno sguardo all’aspetto occupazionale perché, è chiaro, queste scelte ricadono anche su questo.
Ma questa filosofia di esternalizzare è ormai nel DNA di moltissime aziende, partecipate e non che siano, e si richiamano sempre a logiche di risparmio o di giochetti economico-finanziari.
Si governa solo il titolo e ci si manleva dai propri adempimenti e, al solito, sacrificando anche ciò che funziona bene, in molti casi vere e proprie eccellenze.
E laddove le ragioni non siano apertamente riconducibili ad operazioni finanziarie, si ricorre alla “non cura” delle cause che originano l’eventuale malattia preferendone un radicale debellamento affidandosi all’esterno (così le malattie se le curano loro). Un atteggiamento che di manageriale ha ben poco ma che di irresponsabilità e scarsa capacità ha molto, invece.
Logiche di risparmio, ma in cosa e, soprattutto, a sacrificio di che?
Della qualità, ad esempio, o della sicurezza (come il caso Iren); perché è ben chiaro che se per fare ciò che prima ci costava 100 ora spendiamo 70 a qualcosa si debba per forza rinunciare.
Quando invece spendiamo 150 anziché 100 la scusa del “era una situazione ingestibile” arriva ridondante a giustificare scelte discutibili ma che, di fondo, hanno sempre una base puramente speculativa.