Torno e ritorno; il viaggio incredibile di Renzi
Potrebbe sembrare il titolo di una storia avventurosa ma purtroppo non è così. È la storia di un viaggio che perde credibilità ad ogni tappa, da Roma a Pontassieve (lasciando a Roma un po’ del guardaroba) e da Pontassieve al Lingotto con già il biglietto in tasca per Lingotto-Roma.
Eppure, fino alla fine del 2016, Pontassieve sembrava essere la tappa definitiva del viaggio di Matteo Renzi.
Lo dichiarò lui stesso in più occasioni, al Senato, alla Camera, nelle trasmissioni radiofoniche e televisive, alla stampa e, infine, nel suo ultimo discorso da Presidente del Consiglio del 4 dicembre scorso.
“Se perdo vado a casa e lascio la politica”. Questo diceva e ripeteva.
Ma forse siamo noi a non aver capito la frase (in realtà avevamo ben chiara la tattica). Forse per “lascio la politica” intendeva dire che lasciava la sua politica (intesa come compagnia), lì, esattamente dov’era, a portare avanti il suo lavoro nel mentre tornava un attimo a casa per elaborare la nuova strategia e nuovi slogan (che sono la sua seconda specialità dopo il saper mentire).
E infatti, proprio al Lingotto, ci arriva con strategia e slogan confezionati in un unico pacchetto: “tornare a casa per ripartire insieme”.
E qui bisogna riconoscere una certa genialità nell’aver estrapolato uno “slogan sospeso”, che dice tutto e niente, che lascia intendere ma resta vago.
Tornare a casa non è “torno a casa”; c’è differenza. Perché il concetto di “casa”, innanzi tutto, assume un significato diverso rispetto al luogo in cui ci si trova.
Nel caso di Renzi il “torno a casa”, pronunciato da Roma, fa chiaro riferimento all’immobile in cui è racchiuso il suo nucleo famigliare, alle sue origini. Ma pronunciato in luogo “neutro”, come il Lingotto (ad esempio), assume un significato distorto ma ben ragionato: casa = Roma.
E qui l’astuzia di rafforzare anteponendo con un bel “ripartire”: ripartire da casa o ripartire a casa?
Ma siccome “ritornare a casa per ripartire”, da solo, non sarebbe stato sufficientemente evasivo, serviva un ultimo tocco che portasse a compimento l’impresa voluta: “insieme”; tornare a casa per ripartire insieme.
E qui è terrore allo stato puro; insieme a chi? Ad una platea nuova o a quelli che sono ancora lì (a casa) a mantenergli in ordine il guardaroba? Dove ad attenderlo c’è Angelino, il suo valletto e Denis, il suo maggiordomo.
Capite che questo viaggio non era credibile fin dall’inizio e “passo dopo passo” continua a perdere credibilità.
Capite che “ripartire” non origina da un Renzi che ha fatto outing ma da un ego cieco che deve continuare ad emergere su tutto e tutti.
Capite che Renzi non è in viaggio ma è il viaggio. E non è cambiato.
Volete ancora credergli?