Bene, anzi benissimo il protocollo “emergenza caldo” a tutela dei lavoratori. Ora ne facciamo uno anche sulla sicurezza?
È di questa mattina la notizia, oltremodo gradita, della firma a Genova del primo protocollo a tutela dei lavoratori in tema di emergenza caldo sui luoghi di lavoro.
Una firma che ha visto riuniti, ad un unico tavolo, Prefetto di Genova, Cgil, Cisl, Uil insieme a Capitaneria di Porto, Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, Asl 3 e 4, Ispettorato Territoriale del Lavoro, Inail, Camera di Commercio di Genova, Sezione provinciale di Confindustria, Sezione provinciale ANCE di Genova, le associazioni datoriali del comparto agricoltura e altri.
Insomma, una grande e doverosa partecipazione su un problema che, meglio tardi che mai, era giusto affrontare e risolvere, specie in considerazione dell’andamento climatico degli ultimi anni.
Ora, però, voglio fare una considerazione che molto probabilmente potrà anche risultare antipatica ma che, personalmente, ritengo sia un altro specchio del lavoro su quale sarebbe bene, una volta per tutte, affrontarne ciò che riflette.
A fine gennaio di quest’anno Inail ha lanciato un dato molto importante: nel 2022 gli infortuni del lavoro sono aumentati del 25,7% rispetto all’anno precedente.
Un totale di 697.773 denunce, delle quali 1.090 con esito mortale (unico dato in lieve flessione rispetto al panorama generale). In compenso, sempre Inail, ha registrato un aumento del 9,9% delle denunce di patologie di origine professionale.
Sono tutti dati pubblici e facilmente reperibili e, in qualche modo, la facilità di consultazione restituisce anche un senso di resa davanti al problema che in realtà rappresenta.
Il tema della sicurezza sul lavoro è ormai esacerbato da più fronti, almeno tre: la scarsa efficienza di controllo degli enti preposti, il reiterato comportamento inadempiente dalle parti datoriali e, infine, gli errati comportamenti di alcuni lavoratori.
Negli ultimi anni, sia il quadro legislativo, sia quello sanzionatorio, hanno inasprito di molto i provvedimenti attuabili sul tema della sicurezza; allo stesso tempo tecnologia e ricerca hanno fornito strumenti e studi molto utili al contrasto degli infortuni e all’elevazione del grado di attenzione al problema.
E allora cosa manca? Mancano elementi essenziali su tutti e tre i fronti sopra citati.
Mancano risorse umane in numero congruo all’interno degli enti preposti al controllo; manca di conseguenza uno schema organizzativo e funzionale al costante monitoraggio e al tempestivo riscontro delle irregolarità.
Mancano progetti, piani di sicurezza e adempimenti, mancano corsi di formazione per le parti datoriali.
E, infine, manca una politica di seria responsabilizzazione rivolta sia alle parti datoriali, sia ai lavoratori e lavoratrici.
Si interviene, nella maggioranza dei casi, a fatti ormai avvenuti, indignandosi persino ma, molto spesso, con la consapevolezza di aver sempre saputo.
Ecco, considerato il tutto, allora sarebbe altrettanto utile e doveroso che in ogni città si istituisse un tavolo permanente sulla “sicurezza sul lavoro”, fra le medesime parti che si sono riunite questa mattina e dove si attuassero strategie e piani di intervento, organizzandone le risorse sotto un’unica regia in grado di essere multifocale. Occorre capire quante risorse siano necessarie e colmarne una volta per tutte il vuoto in modo tale da rendere sinergica e davvero preventiva la loro azione.
Il tema della sicurezza è un tema “caldo”, tutto l’anno.