Genova, via il Bruco ma resta la poca lungimiranza
Dopo quasi 30 anni il tanto criticato Bruco sparirà dalla nostra vista quotidiana, ormai abituata a vederlo quasi al punto di non notarlo neppure. Un progetto che era partito bene ma che fra infiniti rimbalzi non si è mai concretizzato per poi essere lasciato al proprio destino, la sua definitiva demolizione, passando anni di abbandono, divenendo ricettacolo di sporcizia, sinonimo di trascuratezza e degrado (non solo urbano).
L’opinione pubblica si è sempre divisa fra chi sgradiva l’opera fin dalla sua creazione e chi avrebbe voluto vederla giungere al suo compimento, sperando fino all’ultimo in un serio progetto.
Lo ammetto, per doverosa sincerità, esteticamente non è mai piaciuto nemmeno a me; ma, del resto, nemmeno Corte Lambruschini in sé mi ha mai entusiasmato. Ciò premesso rientro fra quelli che hanno sperato a lungo in un serio progetto di riqualificazione con un riutilizzo dell’esistente abbinato ad una ramificazione intelligente che creasse una “micro isola” pedonale sospesa sulla città, al riparo dagli agenti atmosferici e dallo smog di una zona ad alta densità di traffico.
Uno snodo pedonale che collegasse la Stazione Brignole (il progetto originario già lo prevedeva) e l’aggiunta stazione della Metropolitana con le vie Cadorna e XX Settembre passando, naturalmente, per la porzione già esistente con il collegamento a Corte Lambruschini e C.so Buenos Aires. Non semplici “passerelle” ma vere e proprie arterie pedonali con l’inserimento di attività commerciali, penso ad esempio agli esercenti dell’ex sottopassaggio Cadorna, di servizi (magari anche multimediali) e, perché no, a porzioni destinate a mostre itineranti o attività culturali.
L’idea poteva essere proprio questa: trovarsi a camminare in una zona protetta che quasi non facesse percepire la lunghezza dei percorsi e allo stesso tempo desse la sensazione di essere altrove ma ritrovandosi sempre in una parte pulsante della Città e a due passi da alcuni dei suoi punti di riferimento. Unire l’utile e il dilettevole alla praticità ma anche ad una migliore vivibilità. Un acquisto, un caffè prima o dopo il treno, prima o dopo la metropolitana, prima o dopo qualsiasi motivo che ti portasse ad essere lì. Con uno sguardo sospeso sopra la città, sopra il traffico, al riparo da pioggia, vento, smog. Un semplice attraversamento pedonale (fra l’altro non sempre facile) si sarebbe potuto trasformare in un momento diverso, magari piacevole, del quotidiano collettivo e un tessuto commerciale si sarebbe animato di nuovi e vecchi attori
Fra sabato e lunedì tutto questo svanirà e il Bruco resterà un ricordo. Ma se è vero che se ne andrà la struttura è altrettanto vero che quella mancanza di “prospettiva” continuerà a convivere con una Città che non ha saputo coglierne le opportunità possibili. Anni a dibattere su a chi spettasse “l’onere” della sua gestione e poche manciate di tempo, invece, per discutere sul “come”, per dare spazio ad un minimo di creatività, spostando leggermente oltre la visione delle cose. Un visione lungimirante, appunto.
In 26 anni non c’è stata e Genova non se lo merita, non se lo è mai meritato. Genova è assetata di lungimiranza perché ne ha tutte le carte in regola ed è questa la Genova che vorrei. Una Città che conosca se stessa ma che sappia sorprendesi e sorprendere. Una Città che sappia stare al passo, ma un passo avanti.
Si può fare credeteci, basta solo ritrovare quel pizzico di lungimiranza.