Quei 39mila minuti di ritardo; fallimento politico di Toti
Questi dati parlano chiaro, i fatti pure. Dal 2016 l’aumento dei ritardi ai danni dei nostri pendolari del “servizio universale” è del 110%. Non male; e l’anno deve ancora chiudersi.
39.382 minuti di ritardo da gennaio 2018 a oggi sono assai duri da digerire in confronto ai già indigesti e inaccettabili 19.600 del 2016.
Sono i dati della sola Genova – Milano, snocciolati dall’omonimo Comitato pendolari di Assoutenti; dati sui quali non ho il benché minimo dubbio sulla loro esattezza. Mi basta guardare ogni giorno l’applicazione Trenitalia e monitorare i vari treni che interessano questa tratta per capire che i conti tornano, seppur sarebbe meglio non tornassero.
Anche perché il conto finale lo pagano le povere anime sacrificate quotidianamente a questo scempio: 27 giorni in più trascorsi a bordo dei treni. Inaccettabili.
Inaccettabili anche se fossero trascorsi su carrozze Executive, con colazione e quotidiano offerti da Trenitalia o con poltrone confortevoli reclinabili con tanto di pediere; figuriamoci su Intercity di quasi 30 anni, acciaccati e quotidianamente oggetto di guasti. Dalle porte che non si chiudono, problema giornaliero, ai guasti dei locomotori.
E se a questo aggiungiamo le lacune di una linea vecchia, la Genova Milano, sulla quale l’atteso rinnovo del “segnalamento” e l’ammodernamento infrastrutturale assumono più i connotati di una favola il cui finale non è ancora scritto, non posso certo che esimermi dall’asserire che questo risultato è un fallimento politico totale; il fallimento di Giovanni Toti e di tutta la sua giunta regionale.
Parole, tante; promesse, molte. Foto, video, auto celebrazioni, strette di mano; come se piovessero.
Il risultato è che oggi solo il 46% dei treni arriva puntuale (quando arriva); nemmeno uno su due. Il risultato è che la media di ritardo si è attestata a minuti 9,40.
Il risultato è che se non ci si ferma per dare la precedenza al FrecciaRossa (lento) per Venezia, ci si accoda ad un merci in salita sulla “Succursale”.
Il risultato è che, se va tutto bene, ci fermiamo a Pavia e ci accodiamo a tutti gli altri; e quando accade bisogna fare gli scongiuri che tutto vada bene (per gli altri) e che non si guasti nulla. Perché da Voghera a Milano i binari sono solo due, uno che va e uno che torna, e perché il quadruplicamento della Pavia – Rogoredo è solo sulla carta, nelle cifre che continuano a quadruplicare ad ogni rinnovo del “Contratto con lo Stato” ma non sulle massicciate della ferrovia.
Poi c’è la questione del “Nodo” Genova e il raddoppio della linea a ponente; la Chiesa di Carignano della strafa ferrata ( questa la capiscono i genovesi).
Ma chi se ne frega. L’importante è fare annunci insieme a Maroni su collegamenti di un’ora con Milano e manco riuscirci nel viaggio inaugurale, o vantarsi di avere ottenuto collegamenti in alta velocità (ma lenta); poco accessibile economicamente, poco utile come orari ma utile solo a Trenitalia e Rfi per i loro banchi di prova in vista dell’acquisizione di Alitalia.
A proposito, ieri il FrecciArgento ha inaugurato il nuovo percorso per Fiumicino. A Tiburtina è arrivato con 17 minuti di ritardo, 7 minuti in più della prassi mantenuta sul vecchio percorso che attestava a Termini.
Un successone.