Genova e la questione dei sottopassi pedonali (quella mamma ha ragione).
Genova ha, o forse aveva, una lunga tradizione con i suoi sottopassi pedonali. Funzionali e strategici allo stesso tempo i sottopassaggi genovesi hanno per decenni garantito sia una rapida pedonalità al riparo dalle intemperie e dal traffico sia, in taluni casi, un tessuto commerciale caratteristico molto a cuore dei genovesi e non solo.
Genova è una città particolare, controversa per certi aspetti. E’ una città che vuole essere “high tech” e ne ha tutte le potenzialità ma che spesso non si dimostra tale proprio nelle piccole cose che, per quanto piccole, potrebbero rappresentare proprio il connubio con questa vocazione partendo anche da certi particolari per fare la differenza.
I decenni scorrono veloci e con essi, lo sappiamo, il progresso, la tecnologia, le culture. Giorno dopo giorno qualcosa intorno a noi cambia, si rinnova, si innova e spesso nemmeno abbiamo il tempo di rendercene conto. Nel caso dei sottopassaggi pedonali, invece, il tempo si è fermato come in una sorta di limbo, forse complice quella velata atmosfera da “sottosuolo” che per noi abitanti della “superficie” non è poi così difficile da non vedere.
Ma la ragione per cui a Genova molti sottopassaggi pedonali oggi non ci sono più, altri ci sono ma restano chiusi, di altri se ne prevede la tombatura, altri ancora resistono ma non “al passo” con i tempi, è da ricercare nelle strategie delle varie amministrazioni comunali che si sono succedute nei recenti periodi. Forse, più che nelle strategie, nelle “vision” mancate.
La tombatura di alcuni e la chiusura degli accessi di altri hanno come primaria giustificazione delle amministrazioni la sicurezza dell’ordine pubblico. Ovvero sono stati chiusi o interdetti perché le condizioni favorivano situazioni di precarietà igienico-sanitario e ricettacolo di micro criminalità che pregiudicava l’incolumità e la sicurezza delle persone.
Una doppia resa, quindi.
La prima come ammissione di una non capacità di gestire e mantenere il corretto “decoro urbano” di questi luoghi e la seconda, ancor peggiore, la resa incondizionata di fronte a fenomeni di delinquenza. Non so come la pensiate voi ma a me, sinceramente, non pare che questi siano dei bei messaggi.
Un’adeguato sistema di illuminazione esterno e interno corredato da un moderno sistema di videosorveglianza collegato in rete con le nostre sale operative delle forze dell’ordine e della Polizia Municipale, non sarebbe forse più rappresentativo di una volontà ferrea nel garantire sicurezza, incolumità e contrasto ai fenomeni criminali e di vandalismo scoraggiandone la loro stessa prolificazione?
Eseguire quotidiane operazioni di pulizia, lavaggio, disinfezione dei sottopassaggi pedonali è così più complicato delle medesime operazioni svolte in superficie?
Francamente ho l’impressione che qualcosa, negli anni, sia andato nella direzione sbagliata. Ma si è in tempo per correggerla, per fortuna.
Secondaria motivazione per cui si è scelta la chiusura o l’interdizione dei sottopassaggi è legata alle condizioni strutturali degli stessi. Infiltrazioni, cedimenti dei soffitti, pavimentazioni sconnesse, sono le principali concause. Perché, anche in questo caso, ad una programmazione ben pianificata di “ordinaria manutenzione” si è sempre preferito applicare la “scala delle priorità”; un sistema funzionale nelle situazioni “straordinarie” ma mai in quelle “ordinarie” perché, alla fine, genera trascuratezza dei problemi che nascono piccoli per poi diventare enormi e divenire difficoltosi da gestire, anche e soprattutto economicamente.
A questo punto, prima di proseguire sul come i nostri sottopassaggi potrebbero essere rivalutati, occorre che mi soffermi sul sottopassaggio di Via Cadorna, meglio conosciuto storicamente come “sottopassaggio di Brignole“, fra l’altro un’istituzione a Genova.
Come tutti sapete il sottopassaggio Cadorna è chiuso dall’alluvione del 2014; alluvione che, dopo quella del 2011, ne arrecò seri danni strutturali. Questo, in particolare, era un sottopassaggio dove quel “tessuto commerciale” a cui accennavo all’inizio dell’articolo, era molto radicato nella cultura quotidiana del vivere la città.
A marzo del 2016 l’assessore Crivello ha annunciato la decisione della Giunta Comunale di “tombare” definitivamente questo sottopassaggio con un intervento di circa 350.000 euro per la messa in opera degli interventi che prevederebbero la chiusura dei quattro accessi attuali sui quali far sorgere delle piattaforme urbane corredate da panchine e chioschi. Una tombatura che però sarebbe comunque parziale, in quanto all’interno del sottopasso sono presenti alcuni locali tecnici funzionali ai primi due palazzi di Via XX Settembre ai quali è necessario garantire comunque l’accesso.
Una decisione, a mio avviso, poco sensata dal momento che è arrivata dopo l’avvio del terzo lotto dei lavori per la messa in sicurezza del torrente Bisagno; lavori che una volta terminati, congiuntamente allo scolmatore del Rio Fereggiano, scongiureranno finalmente il ripetersi di fenomeni alluvionali. E proprio in virtù di questi lavori sarebbe invece possibile far “tornare a vivere” questo sottopassaggio estremamente funzionale, adottando comunque misure di sicurezza maggiori contro eventuali allagamenti (vi siete mai chiesti perché il Park della Vittoria non si è mai allagato?), magari con l’aggiunta di una progettualità di più ampio respiro. Mi accontenterei del ripristino nella sua pianta attuale, sia chiaro, ma per progettualità di ampio respiro intendo una trasformazione e ampliamento dello stesso sviluppandolo ulteriormente fino a Brignole, con l’inserimento di un nuovo accesso in Viale Thon di Revel e un ultimo su Piazza Verdi, proprio davanti alla stazione. Un nuovo spazio dove insediare nuove realtà commerciali ma non solo; uno spazio dove vi si potrebbero inserire anche contesti culturali come, ad esempio, esposizioni d’arte itineranti. Il tutto, naturalmente, senza dimenticare la funzionalità di potersi spostare rapidamente, al riparo da smog e intemperie, in un’area non certo di piccole dimensioni.
Chiusa questa parentesi, che però ritengo importante, torniamo alla questione più generale e, avvicinandomi alla conclusione, non posso certo non dare ragione a quella mamma che ieri, sul Secolo XIX, ha inviato una lunga lettera.
Ilaria ha esposto molte difficoltà incontrate durante e dopo la sua gravidanza, mettendo in luce più problemi che legano questa nostra Città al vivere quotidiano, e fra queste si è soffermata anche su un sottopassaggio pedonale, quello di Piazza Corvetto in particolare. Vi invito a leggere per intero la sua lettera.
Ciò che Ilaria ha evidenziato nel sottopassaggio in questione, riguarda in realtà la quasi totalità dei sottopassaggi ancora superstiti a Genova; ovvero l’accessibilità, quella intesa come abbattimento delle “barriere architettoniche”, quella riferita a persone disabili o a persone comunque affette da (temporanee o meno) difficoltà alla deambulazione.
Anche questa è una grave inadempienza da parte dell’amministrazione comunale, una mancanza di rispetto grave verso la Comunità e, a mio avviso, una assoluta mancanza di sensibilità.
Oggi le “barriere architettoniche” si abbattono, non si finge che non ci siano e non si bypassano chiudendo i cancelli, come ad esempio per il sottopassaggio di Piazza Portello.
Oggi si installano piattaforme mobili, ascensori, scale mobili a piattaforma prolungabile per le carrozzine; oggi non si discute ma si fa. E si deve fare!
E ha ragione Ilaria che, arrendendosi all’evidenza di un’ottusa visione, chiede a gran voce la creazione di un attraversamento pedonale su Piazza Corvetto.
E’ di sicuro una soluzione semplice e poco costosa, non c’è dubbio. Ma in una visione generale sarebbe anche un’ulteriore “resa” alla quale la mia #Genovachevorrei non deve cedere.
Mettiamoci seriamente al lavoro anche su queste cose, non fingiamo di non vedere o vedere meno solo perché qualche metro più sotto dei nostri piedi. Cerchiamo di essere rinnovativi e innovativi, valorizzando le cose che abbiamo rendendole curiose, attrattive, funzionali e high-tech e, soprattutto, facendoci portatori di civiltà. Questa deve essere Genova.
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Tombato il sottopasso Cadorna; la vision mancata di una metropoli. - Roberto Schenone
13 Luglio 2017 @ 16:54
[…] Di chi, occupandosi di commercio, avrebbe potuto mettere in relazione un “project financing” ad un progetto di ampliamento del sottopasso, coniugando la sostenibilità del progetto stesso ad un ancor più efficiente strumento di collegamento per la comunità. Per comprendere cosa intendo, senza annoiarvi troppo ora, vi invito a leggere il mio precedente articolo sui sottopassi che trovate qui. […]