La verità per Giulio attende mentre Alfano calpesta la dignità della famiglia.
Sono trascorsi 18 mesi dal brutale assassinio di Giulio Regeni.
Diciotto mesi in cui la verità non è ancora emersa.
Diciotto mesi di depistaggi continui.
Ad aprile 2016 l’Italia ha interrotto le relazioni diplomatiche con l’Egitto e rimpatriato l’Ambasciatore; un segnale forte e inflessibile. Un segnale doveroso.
Ma per Angelino Alfano, Ministro degli Esteri, è bastata una telefonata fra il Procuratore di Roma e il Procuratore generale della Repubblica Araba d’Egitto che, da parte di quest’ultimo, ha accompagnato la trasmissione di atti relativi ad un interrogatorio nei confronti di alcuni poliziotti egiziani che hanno avuto “un ruolo” negli accertamenti sulla morte di Giulio, per decidere di rimandare a Il Cairo il nostro Ambasciatore.
Una telefonata e qualche plico non sono la verità!
Una telefonata e qualche plico non sono sufficienti per “distendere” i rapporti con un Paese, l’Egitto, che fino ad oggi ha fatto di tutto per ostacolarla.
L’Egitto, un Paese decisamente oscuro in cui solo negli ultimi otto mesi si contano ben 735 sparizioni, 498 delle quali non se ne sa più nulla.
Una telefonata e qualche plico non sono la verità per Giulio ma, evidentemente, bastano per il ministro Alfano a calpestare la dignità di una famiglia e di un’Italia che da 18 mesi la sta aspettando.