Perché crollano i ponti; lo sfogo di un ingegnere.
Adriano Scarzella, Ingegnere e Vice Presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Cuneo, in una lettera inviata alla redazione di TargatoCN (quotidiano online della Provincia di Cuneo), sfoga la propria (e dell’intera sua categoria) amarezza in merito al recentissimo crollo del viadotto di Fossano, ma con una considerazione che si estende a tutto il territorio nazionale.
Oltre ai problemi evidenziati nel mio precedente articolo, Scarzella, infatti, mette in luce l’annoso (e disastroso) problema delle gare a massimo ribasso per le quali progetti accurati e attenti anche ai più piccoli dettagli non trovano poi una corretta applicazione nella realizzazione delle opere.
Ritengo che questa consapevolezza ci sia ad ogni livello decisionale ma è evidente che la sola consapevolezza non è sufficiente; per questo credo giusto condividere questa lettera:
Un senso di impotenza, di frustrazione e di rabbia ci prende quando succedono disastri di vario genere.
Nell’ultimo anno, in Italia, abbiamo avuto prova di tutto ciò con i terremoti in Italia centrale, le alluvioni nel nostro Piemonte, il crollo dei viadotti di Lecco ed Ancona, e tanto altro.Ci lasciano sorpresi gli eventi naturali che non possiamo prevedere e di fronte ai quali ci sentiamo indifesi, ma ci lasciano sorpresi ancora di più quelli dei crolli di opere fatte dall’uomo e che sono create proprio a protezione o ad ausilio delle attività umane.
Ora, un altro crollo di un viadotto, questa volta sulla circonvallazione di Fossano, ci lascia particolarmente sorpresi: da piemontesi pensavamo che qui in Piemonte certe cose non potessero succedere!
E invece è successo anche qui da noi, perché in fondo il nostro comportamento non è molto distante da altri comportamenti di altri luoghi.
Solo un miracolo ha evitato che ci fossero perdite umane, sia per i militari in servizio sotto il cavalcavia, sia perché non transitavano mezzi, né sotto né sopra lo stesso cavalcavia.
Nel caso di Fossano, senza conoscere nulla, ma dall’esame delle prime fotografie pubblicate sui giornali, si potrebbe ipotizzare che il crollo sia dovuto allo strappo dei trefoli in acciaio in corrispondenza di un giunto tra due elementi prefabbricati.
Questo risulta possibile in quanto, a seguito delle dilatazioni termiche dovute al caldo e al freddo, al gelo ed al disgelo è probabile che si siano create microfessure tra il calcestruzzo prefabbricato e quello gettato in opera. Attraverso queste microfessure può essere passata l’acqua di pioggia con alto contenuto di sale, che viene oggigiorno utilizzato con funzione antigelo. Questa acqua salata potrebbe, con il passare del tempo, aver corroso irrimediabilmente i trefoli di armatura che, alla fine, non hanno resistito alle tensioni indotte dal ponte.
Quanto descritto è una possibile spiegazione tecnica della prima ora; eseguite le prove, i controlli e le analisi si potranno trovare altre motivazioni.
In realtà tutto questo è sempre possibile, però a noi ingegneri rimane l’amaro in bocca: tante volte si propone un lavoro ben progettato, ben eseguito e ben fatto, ma tutto questo non è tenuto in considerazione, perché l’unico riferimento che conta per i committenti è il costo.
Le opere d’arte hanno un costo per essere eseguite a regola d’arte. Se questo costo non viene pagato subito, il conto andrà a scapito di qualcosa, che può essere la durabilità o la stessa sicurezza. E alla fine il costo risulterà molto maggiore.
In Italia il ricorso fuorviante al massimo ribasso d’asta sui progetti e sui lavori porta sovente a semplificazioni o a soluzioni che non permettono di avere opere a perfetta regola d’arte, e questo alla fine si paga, che si tratti delle proprie abitazioni, delle scuole o di altre opere pubbliche, come la viabilità.
Il ribasso iniziale, il costo subito non pagato, è una cambiale in bianco per il futuro. L’ottimista pensa che questo sia il migliore dei mondi possibili. Il pessimista sa che è vero.
E quando si ha a disposizione una struttura ( tanto più se costruita con soldi pubblici) è indispensabile eseguire una corretta manutenzione sistematica e concreta sul campo, che mantenga in perfetto uso la struttura e che venga fatta in realtà e non rimanga solo nei vari documenti allegati al progetto di costruzione come previsto dalla legge ( Il piano di manutenzione è il documento complementare al progetto esecutivo che prevede, pianifica e programma, tenendo conto degli elaborati progettuali esecutivi effettivamente realizzati, l’attività di manutenzione dell’intervento al fine di mantenerne nel tempo la funzionalità, le caratteristiche di qualità, l’efficienza ed il valore economico).
Esiste la fatalità ma, esiste anche l’errore umano… e in questo caso probabilmente se si fossero eseguiti maggiori controlli probabilmente non ci sarebbe stato il crollo.
Ing. Adriano Scarzella
Vicepresidente Ordine Ingegneri di Cuneo
Referente Commissione strutture