Sei povero ma se non ti vedo (a Genova) c’è meno povertà
La povertà del futuro sarà l’ignoranza, e le differenze sociali degli anni a venire saranno stabilite, più che dal denaro, dalla cultura di chi sa qualcosa e di chi non sa niente.
Luciano De Crescenzo
La povertà non è certo una colpa, ancor meno una scelta di vita. La povertà è un emergenza. In Italia lo sappiamo bene. Ma non so se lo sappiamo tutti.
Nel 2015, in Italia, la povertà “assoluta”, ovvero quella povertà nella misura tale da non consentire alla persona un sostentamento minimo, riguardava 4 milioni e 598 mila persone secondo le rilevazioni Istat. Un dato tristemente in aumento.
Un dato a cui bisogna far fronte con misure di contrasto efficaci, tali da restituire quella dignità calpestata, di cui spesso ci si vergogna e di cui, chi ne è vittima, non ha più forze per riconquistarla e sceglie di eclissarsi in un’esistenza ai margini, rendendosi invisibile il più possibile agli occhi di chiunque; a quegli stessi occhi molto spesso complici di una quotidiana indifferenza.
La povertà, questa riluttante; fa così paura che non la si può guardare.
C’è una povertà “assoluta” e una povertà “relativa” e ora, a Genova, c’è anche la povertà “percepita”; quella che meno la vedi più ti appartiene l’illusione di vivere in una società meno povera.
Come si faccia però ad applicare la misura della povertà “percepita” francamente non lo so; dovete chiederlo a Marco Bucci.
Dietro al suo roboante slogan “tolleranza zero” pare ci sia la soluzione per fare “pulizia” della povertà a Genova.
Ma non voglio criticarlo troppo. (Che poi son subito lì a darmi del rancoroso)
Anche io sono ben consapevole che dietro ad una certa elemosina vi sia un vero e proprio racket che si arricchisce di “schiavitù”, che applica punizioni e ritorsioni a chi ne è alle sue dipendenze.
Anche io sono consapevole che, fra loro, ci siano persone costrette nel ricatto che al di fuori di una “certa” comunità non potrebbero sopravvivere perché privi di una propria identità; che se vengono abusate, picchiate, minacciate è solo per stimolarne in esse la comprensione che ciò che portano la sera non è altro che il dovuto per mantenere viva quella stessa comunità, per sostentarla e nulla di più.
E i migranti? E i migranti è un fatto vergognoso, dai.
Noi gli forniamo dei recinti in cui contenerli e questi escono, vanno a contatto con la società. Ne assaporano i profumi di libertà, quella che “a casa loro” gli era negata; del progresso, quello che “a casa loro” è stato interrotto; di civiltà, quella che “a casa loro” gli è stata estirpata.
Ma non possono! Non possono pensare di uscire e coltivare le loro speranze con un po’ di elemosina. E’ ovvio che non basti qualche spicciolo raccolto per integrarsi nella nostra società. Meglio che stiano nei recinti che gli abbiamo dato. Lì possono socializzare meglio; si conoscono tutti.
E poi proprio ora che abbiamo da subappaltare lo sfalcio dell’erba; che abbiamo da lavare tutta una città più volte la settimana.
E i senza tetto; che immagine.
Con quelle coperte stracciate, quelle tazze. Stanno tutto il giorno lì, sotto a portici, a ponti, nelle stazioni. Ma insomma, che percezione di “vivibilità”, di decoro, di sicurezza infondono con la loro presenza?
Questa è una città che si sta rifacendo. Legalità, lavoro, sicurezza!
Sarà per questo che il sindaco Bucci, in campagna elettorale, ha promesso ad uno di loro di trovargli un lavoro. Lo farà con tutti. Lui è il sindaco di tutti, ha detto.
Però adesso dobbiamo rifare una città; questa è la priorità. Ora tolleranza zero su elemosina e bivacchi, poi vedremo.
Già, vedremo.
Nel frattempo ho constatato una cosa: non una parola, nelle varie dichiarazioni, sul fatto che evidentemente queste persone abbiano dei bisogni; non una mano tesa per cercare di capirli, per aiutarli.
Ma capisco; adesso non c’è tempo. Adesso bisogna essere drastici e portare a segno gli obiettivi dati in campagna elettorale.
Con la cultura di chi sa qualcosa e di chi non sa niente.
Che se una cosa non te la faccio vedere non ne puoi sapere, figuriamoci percepirla.
Che se qualcosa sapevi che c’era ma ora non la vedi più, ti abituerai a non averla mai vista. La dimenticherai e non sarà mai esistita.
Però attenzione, sindaco Bucci, occultare la povertà non significa risolverla.
L'integrazione nell'era Bucci, la svolta culturale che guarda allo schiavismo - Roberto Schenone
14 Luglio 2017 @ 18:03
[…] dopo l’editto del neo sindaco Bucci con l’intento della tolleranza zero senza distinguo nel triste mondo della povertà, che assomiglia più ad un tentativo di occultamento della stessa, rivela quella che è la vera e […]