Fanghella “da sopraelevata a De Ferrari un semaforo”; ecco la distanza dalla mobilità sostenibile
Mercoledì scorso, durante la lunga intervista condotta da Matteo Agnoletto a Babboleo News per la rubrica “tutta la Liguria ne parla“, l’assessore Paolo Fanghella declina le varie situazioni cantieristiche presenti a Genova facendone il punto sia sullo stato di avanzamento dei lavori sia sulle tempistiche e sulle rispettive progettualità in corso.
C’è un passaggio in cui, parlando dei cantieri per la messa in sicurezza del torrente Bisagno, Agnoletto gli pone la domanda su quale sarà il volto definitivo di Viale Brigate Partigiane e Brigata Bisagno, riferendosi alle aiuole centrali che un tempo ornavano questi viali mentre oggi sono in parte adibite a grigi parcheggi e in parte ancora interessate dai cantieri stessi.
Fino a qui tutto abbastanza bene; Fanghella espone che l’ultima rivisitazione dei progetti urbanistici per il quartiere Foce riprenderanno i disegni dell’Architetto Piacentini, con il ritorno delle aiuole come era per il passato; solo leggermente ristrette rispetto ai disegni originali.
Ad un certo punto però, l’assessore Fanghella, esce fuori tema con una divagazione ricordando, come fosse un vanto per Genova, che “noi siamo l’unica città, forse al mondo, che attraverso un solo semaforo si riesce ad arrivare in Piazza De Ferrari“.
Lontano da me il strumentalizzare le dichiarazioni altrui (non è mia abitudine) ma mi si consenta di rispondere all’assessore che, detta così, questa sua dichiarazione ha un sapore antico che si rifà a quel dannosissimo principio di “boom economico” con il quale si distrusse buona parte dell’assetto urbanistico di Genova. Erano gli anni ’60.
Che il traffico privato possa arrivare in pieno centro cittadino, proprio davanti ad una delle piazze simbolo della città, ancorché speditamente, non è proprio un “primato” di cui vantarsi, anzi.
Le logiche mondiali in tema di “mobilità sostenibile” vorrebbero una notevole riduzione dei flussi privati nei centri cittadini, favorendo sistemi di mobilità pubblica alternativi ed eco sostenibili.
Proprio per non voler strumentalizzare una sola dichiarazione, magari frutto di una disattenzione del momento, se è vero che tre indizi costituiscono una prova, non si può non osservare che ci troviamo di fronte ad una giunta comunale che di indizi ne ha già lasciati parecchi e che affronta il tema della mobilità sostenibile mantenendo sempre un atteggiamento piuttosto nebuloso in ogni suo contorno senza mai assumere una linea decisa, qualunque essa sia.
Fra le prime azioni della giunta Bucci ricordo l’incentivazione alla sosta nelle aree blu del centro per mezzo di una significativa riduzione delle tariffe, seguita da un ripopolamento di aree di posteggio gratuite per moto e scooter, sparse qua e là per il centro cittadino e negli immediati confini con il Centro Storico.
Da parte della giunta, in generale, sembra comunque esserci un’attenzione particolare al non infastidire troppo il traffico privato.
In occasione del Zena Festival, lo scorso luglio, il vice sindaco Balleari si premurò in tutta fretta di rimpiazzare i posti moto di Dante e Vernazza, temporaneamente soppressi per gli allestimenti propedeutici alla festa, istituendo nuovi stalli in Via XII Ottobre, affermando lui stesso ” soluzione studiata ad hoc per non penalizzare i moltissimi genovesi che utilizzano moto o scooter “.
Ma non manca una certa sensibilità da parte della giunta nel richiamare la Polizia Municipale ad una maggiore tolleranza nei riguardi di questa o quella situazione. E’ di poche settimane fa il maldestro intervento del sindaco Bucci in Via Alessi (ne parlo qui) che, al netto di tutte le giustificazioni del sindaco circa il metodo di avviso alla cittadinanza, ha visto il ripetersi della sosta negli orari in cui deve svolgersi lo spazzamento meccanizzato della strada, nonostante fossero trascorse diverse settimane dal fatto che, inevitabilmente, balzò al centro della cronaca cittadina al punto tale che è impossibile trovare giustificazioni ulteriori per la reiterata inosservanza dei cittadini nel lasso di tempo che separa i due eventi.
Proprio ieri, sul Secolo XIX, l’alterco fra l’assessore Garassino e il vice sindaco Balleari circa l’impiego degli ausiliari del traffico in quota ad AMT. Il tema è quello di una maggiore uniformità d’azione nelle diverse emanazioni del Comune. Anche qui, in special modo da parte dell’assessore Garassino, un richiamo ad una maggior tolleranza in alcune zone cittadine nell’elevare contravvenzioni a veicoli occupanti corsie preferenziali al di fuori degli orari di pieno esercizio. Dall’altra parte AMT che, giustamente, risponde che in mancanza di appositi stalli operativi fuori dagli orari di esercizio delle corsie, la sosta è comunque vietata in quanto costituisce intralcio.
Tutto assolutamente vero ai sensi del C.d.S.; un po’ meno ai sensi della giunta Bucci.
E parlando di stalli sulle corsie preferenziali anche qui è assente un’inversione di linea da parte di questa giunta. Se è innegabile che la loro istituzione si rifà alla precedente giunta, è altrettanto vero che questa “anomala” convivenza fra corsie preferenziali e aree di sosta a pagamento che si alternano a seconda degli orari stabiliti, non viene minimamente trattata da quella attuale.
E sebbene oggi siano già molte le aree di interscambio, il cui scopo sarebbe quello di fermare i flussi privati nelle zone periferiche per incentivare l’utilizzo del mezzo pubblico, non vi è ancora alcuna traccia di una definitiva cancellazione di questi stalli nelle zone centrali della città.
Tutta la questione dei 4 assi di forza, poi, definisce molto bene la regnante discrasia nell’amministrazione comunale.
I continui ripensamenti di Bucci su tram e filobus, con una spiccata e improvvisa propensione verso i secondi, lasciano intuire incapacità, mancanza di prospettiva, di lungimiranza ma anche una certa visione del non volere destabilizzare troppo le insane e cattive abitudini quotidiane.
D’altro canto un filobus può girare il volante, aggirando a sua volta qualsiasi ostacolo gli si presenti davanti; specialmente se si tratta di auto in doppia fila.
Un tram e le sue corsie protette, genererebbe troppi problemi da risolvere.
Poco importa se la preferenza di una piuttosto che dell’altra soluzione incide, e non di poco, sulla riqualificazione urbanistica; infatti, non a caso la riqualificazione è l’ultimo parametro preso in considerazione dalla giunta nella domanda di finanziamento al Ministero dei Trasporti.
Poco importa, inoltre, se le altre città italiane (oltre a quelle di tutto il mondo) hanno scelto le tranvie proprio allo scopo di ridisegnare completamente gli assetti urbanistici e, visione non da poco, traslare letteralmente i flussi del traffico privato sugli assi della mobilità pubblica con la missione di ridurre drasticamente la circolazione di veicoli privati.
A Genova, evidentemente, non interessa questa missione ma si preferisce favorire la convivenza fra chi già utilizza i mezzi pubblici e chi preferisce continuare ad utilizzare il proprio mezzo. Non si sposta nulla; è scomodo, elettoralmente parlando.
Guardate, in tutto quello che ho scritto fino ad ora nulla è riconducibile ai principi della “mobilità sostenibile“.
Prendete le piste ciclabili, ad esempio, il cui scopo in tutto il mondo è quello di favorire il più possibile la mobilità casa-lavoro attraverso l’utilizzo della bicicletta integrandosi ai sistemi di trasporto pubblico locale. Questo scopo, a Genova, non è ancora oggi compreso; prevale l’idea che una pista ciclabile abbia uno sfondo ludico e turistico (sfondo assolutamente integrabile ma non prioritario).
La prossima pista ciclabile sarà, infatti, in C.so Italia. Farà senza dubbio felici i più giovani e gli amanti delle passeggiate in bicicletta ma è ben distante dalle logiche primarie della mobilità sostenibile.
A proposito, se avete ascoltato l’intervista, lo stesso Fanghella dichiara di aver eliminato la pista ciclabile dai viali B. Partifgiane e Bisagno. Badate, non ne ha fatto una variante progettuale, l’ha definitivamente cestinata definendola “suicida”.
Non è chiaro quindi, anche volendo assecondare lo sfondo ludico-turistico, come si collegherà la futura ciclabile di C.so Italia con i pezzi ciclabili già esistenti. Insomma, in generale, anche su questo tema regna la confusione più totale.
Infine abbiamo il grande e strategico PUMS (Piano Urbano della Mobilità Sostenibile) che riguarda Genova e tutta la grande Città Metropolitana.
La sua prossima adozione rappresenta un passaggio fondamentale, sia per la città di Genova che per tutta l’area dei Comuni metropolitani. Un passaggio essenziale perché grazie alla sua definitiva adozione si potrà sbloccare l’accesso a nuovi fondi economici e piani di investimento per la mobilità pubblica.
Tuttavia questo grande piano strategico registra non poche mancanze intrinseche che, però, ci si augura possano essere riviste e debitamente corrette in corso d’opera. Il PUMS non si fa in un giorno e se questo motto si fissa chiaramente nel modo di agire degli Enti Locali, allora può esserci speranza.
Primo grande assente in tutto ciò che riguarda il PUMS è un anello fondamentale del trasporto pubblico e trasporto universale: il gruppo Ferrovie dello Stato (RFI, Trenitalia, etc., etc.).
I motivi di questa assenza sono fondamentalmente due: il primo è una sorta di rapporto di “sudditanza” al quale Regione Liguria deve sottostare, ancorché avendo firmato un assurdo contratto di servizio quindicinale; il secondo è che, di fatto, né Città Metropolitana di Genova né Comune di Genova hanno titolo di trattativa con questo attore.
Tutto questo è assurdo, perché è assurdo che il trasporto ferroviario non si integri nelle future strategie di mobilità di un’intera provincia.
Nella contiguità dell’integrazione fra i territori e il collettore principale (Genova), il gruppo FS rappresenta un anello essenziale per la progettazione e realizzazione di una mobilità sostenibile. Non solo: esso rappresenta un anello fondamentale per garantire tutti quei servizi essenziali (ad esempio il trasporto scolastico) sostituendosi definitivamente a meccanismi di carico che oggi si diversificano e si frammentano nelle più svariate soluzioni.
E, sempre guardando al PUMS, ci sono ancora parecchi passi da compiere, soprattutto a riguardo dei territori interni.
Gli attori pubblici sono ATP e AMT; il loro denominatore comune è il cittadino.
L’integrazione fra i due attori deve essere totale, anche su fronte delle gare di acquisto dei mezzi e della riorganizzazione dei flussi di carico.
Atp ha il compito di garantire i territori extraurbani, AMT quello di garantire il territorio urbano.
Le complessità ci sono per entrambi, certo, ma la finalità è una soltanto.
Occorrono interscambi interni nell’extraurbano che integrino le diverse esigenze dei territori e che, tenendo conto della dovuta e irrinunciabile (senza affidamento a privati) capillarità del servizio, siano ragionati con la convergenza dei vari flussi di carico ottimizzandoli al meglio sulle tratte finali verso le periferie della Città. Da qui entra in gioco AMT, che con le diverse aree di interscambio periferiche deve essere in grado di accogliere questi flussi, interrompendo ATP, e condurli verso le destinazioni finali senza, e questo è un passaggio fondamentale, congestionare i flussi di carico cittadini.
In questa ottimizzazione entrano in gioco, di nuovo, i famosi quattro assi di forza del trasporto pubblico genovese. Se questi non saranno riorganizzati con l’adozione di sistemi veloci e capienti (la tranvia lo è), allora nulla di tutto questo sarà “sostenibile”.
Insomma, in generale, il PUMS attuale ha ancora molti nodi da sciogliere e molte questioni da integrare. Prima fra tutte le questioni proprio “l’integrazione” fra tutti gli attori del servizio di trasporto pubblico e universale.
E non dimentichiamo che ci sono anche altri principi fondamentali che fanno della mobilità una “mobilità sostenibile”. Uno di questi è “accessibilità”; intesa sia come accessibilità economica (le integrazioni tariffarie sono fondamentali), sia come accessibilità motoria. Non ha alcuna sostenibilità un servizio che non tiene conto dei soggetti con difficoltà motorie, da quelli disabili a quelli anziani.
Un altro principio è “ambientale”; uno degli obiettivi primari deve essere quello di utilizzare capillarmente mezzi eco sostenibili (per questo occorrono gare unificate per i due attori, ATP e AMT). La scelta del sistema di alimentazione deve essere ragionata e ben ponderata tenendo conto della sua efficacia nei diversi territori.
Non solo; la tipologia di alimentazione scelta deve prevedere una progettualità circa le stazioni di approvvigionamento sui territori per tutta la rete metropolitana.
E poi si finisce, guarda caso, nella riqualificazione urbanistica. Per la giunta Bucci è però un parametro trascurabile.
Insomma, se avete avuto la pazienza di seguirmi fino a qui, spero di avervi fatto comprendere che nelle mie intenzioni c’è tutto fuorché strumentalizzare una sola dichiarazione di Fanghella.
Ma al contempo mi auguro che quanto scritto vi faccia comprendere che quel solo semaforo fra la sopraelevata e Piazza De Ferrari, rappresenta idealmente tutta la distanza che c’è fra l’attuale giunta e la mobilità sostenibile. E quel semaforo, per il momento, è rosso.
Un saluto a tutte e tutti voi.